Il trio Estrio a Vercelli

26 feb 12 - Bruno Busca, Corrierebit

"Perfettamente affiatate e tecnicamente ineccepibili, le tre interpreti hanno dato vita ad un sapiente intreccio delle voci strumentali"

Le tre Grazie dell’antica mitologia greco-latina sono scese ieri sera 25 febbraio dall’Olimpo e si sono presentate a noi mortali a Vercelli, nelle vesti delle tre strumentiste che nel 2005 hanno fondato l’Estrio: Laura Gorna (violino), Cecilia Radic (violoncello) e Laura Manzini (pianoforte). Il dono da loro portato agli uomini è stata l’esecuzione, accompagnata dalla Camerata Ducale diretta da Guido Rimonda, del Triplo concerto per violino, violoncello e pianoforte op.56 in Do maggiore di Beethoven, in occasione del secondo concerto dell’edizione 2012 del Viotti Festival. Quest’opera del genio di Bonn, svalutata da molta critica musicale per una sua presunta ‘fragilità’ compositiva, offre in realtà agli esecutori due punti di forza: la squisita nobiltà delle idee e l’energia espressiva, e un problema interpretativo di non facile soluzione: l’indubbio squilibrio fra le tre parti strumentali, che vede un netto prevalere del violoncello, soprattutto rispetto alla scrittura per pianoforte, tra le più ‘timide ‘ dell’intero corpus beethoveniano. L’esecuzione dell’Estrio è stata esemplare sotto ogni profilo: perfettamente affiatate e tecnicamente ineccepibili, le tre interpreti hanno dato vita ad un sapiente intreccio delle voci strumentali, in cui il vigore del Maggini della Gorna (dal bel suono nitido, compatto, talvolta un po’ aspro) e la calda, densa fluidità del Bernardel della Radic non hanno mai sopraffatto il suono esatto e pieno del pianoforte. Per noi il più alto risultato espressivo è stato raggiunto nel Largo centrale, con il tema melodico d’apertura suonato meravigliosamente dal violoncello, capace di restituire al meglio l’incantevole dolcezza del La bemolle d’impianto e svolgendo l’intero movimento in un’atmosfera trasognata di intimo lirismo. Qualche riserva ci sentiamo di avanzare invece sull’attacco del Rondò finale (sempre affidato al violoncello), che avremmo voluto sentir vibrare con più risoluta energia: ma è solo un istante di stanchezza, subito superato dal ritmo trascinante della Polonaise, eseguito con vigore e brillantezza di suono da tutti e tre gli strumenti, sempre accompagnati efficacemente dalla Camerata ducale. Nel congedarsi dal pubblico, L’Estrio ha offerto un bellissimo bis, il Terzo tempo del Trio di Clara Wieck Schumann, di palpitante tenerezza e struggente malinconia (perché lo si sente eseguire così di rado?) che ha strappato ai numerosissimi presenti un lungo, riconoscente applauso. E applausi, convinti, vanno tributati anche alla Camerata Ducale e a G. Rimonda per l’interpretazione del secondo e ultimo brano in programma, la Jupiter di Mozart. Ammiriamo la capacità di Rimonda di ricavare da un organico orchestrale limitato (appunto: una Camerata), un suono che per energia e potenza è da grande orchestra : ebbene, ieri sera questa prodigiosa abilità ha dato nuova prova di sé scolpendo con plastica grandiosità la monumentale architettura dell’ultimo capolavoro sinfonico mozartiano. Grazie a questa sapiente esecuzione il pubblico vercellese ha potuto cogliere e ammirare le linee maestre e i dettagli più minuti della straordinaria costruzione armonica e contrappuntistica di questa cattedrale della musica, in un vorticoso crescendo di potenza e di ritmo che ha toccato il suo vertice nello splendido ultimo tempo, reso al meglio da Rimonda con trascinante stacco dei tempi negli stretti di fuga e nei fugati che si succedono incalzanti. Ma non vogliamo qui tacere anche l’esecuzione dell’ Andante cantabile, davvero valida nel dare voce alla raffinata timbrica e all’affiorare di momenti di cupa tragicità, che sono le cifre musicali di questo pezzo straordinario. Un ottimo concerto, di gran classe, meritatamente salutato dai prolungati applausi del pubblico, sempre numerosissimo, sempre fedele a un appuntamento ormai imperdibile: le serate del Viotti Festival.

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